Trent’anni di presenza nel panorama dell’alta orologeria vanno festeggiati a dovere, soprattutto se la Maison in questione proviene dall’universo couture.
Così Chanel, mentre riceve gli applausi del Grand Prix d’Horlogerie de Genève per il suo Première Camelia Scheletrato ( CLICCA QUI per leggere l’articolo completo di Laura Canepa), promette per tutte le donne amanti della misurazione del tempo altre nuove emozioni.
E peraltro immediate poiché nelle boutique del brand, in vista del Natale, è arrivato l’ultimo nato, Code Coco, capostipite di una inedita famiglia di orologi che va ad alimentare il già rigoglioso albero genealogico del brand.
In tutte le creazioni orologiere che in questi 30 anni Chanel ha proposto al pubblico, Première, Boyfriend, J12, i sofisticati Mademoiselle Privé e i calibri di Manifattura, è naturale scoprire un fil rouge nell’interpretazione del tempo scelta dalla Maison.
Code Coco esprime a sua volta una inconfondibile identità: racchiude cioè le percezioni del lessico di stile caro a Gabrielle, custodite in equilibrio tra un gioiello ed un orologio che però gioca anche ad evocare un altro accessorio iconico di Chanel. Se dovessi chiedervi di associare un numero a Chanel, non vi verrebbe subito in mente il codice 2.55?
Dimenticate quindi i classici orologi con la fibbia deployante o ad ardiglione! Lo studio creativo della Maison, ha scelto per Code Coco una chiusura innovativa e contemporaneamente comoda e veloce, pensata per una donna dinamica che ama la praticità ma non rinuncia all’eleganza.
Code Coco si chiude al polso proprio sul volto dell’orologio, quasi celandone il quadrante, anche se ben si discosta da essere un orologio segreto. La sua chiusura non può passare inosservata alle affezionate estimatrici della Maison, perché è identica alla fibbia con cui siamo abituate a chiudere le nostre borse 2.55.
«The CODE COCO is far more than jewelry and far more than a watch.»
“Code Coco è molto più di un gioiello e molto più di un orologio”. Racconta Stella Tenant modella scozzese, cara alla maison parigina a fianco della campagna fotografica dedicata al lancio sui social internazionali.
Anche The Ducker ha avuto l’opportunità di indossare il nuovo segnatempo, provarlo al polso e interpretarlo, potremmo dire, in alcuni scatti fotografici. Ho pensato che un’opera d’arte fosse perfetta per dialogare in armonia con un segnatempo Chanel. Esistono infatti infiniti passaggi per creare un orologio finito pronto per il pubblico. E tutto parte da uno schizzo. Un disegno, fatto a mano, una linea e delle forme. Come nell’arte. Desideravo che il dipinto, provenisse da una mano femminile, anzi di più, da un’artista che in Italia, dagli anni ’40 in poi, avesse aperto alle donne i confini della creatività fino ad allora spesso preclusa. In più la sua cifra stilistica doveva essere inconfondibile, come quella di Mademoiselle Coco.
Ho scelto Carla Accardi, la signora dell’astrattismo italiano. Segni bianchi su fondi neri che talvolta si trasformano in forme di energetico colore, ma che nel tempo restano inequivocabilmente unici. Proprio come i codici di Gabrielle che troviamo nell’orologio Code Coco.
Linee pure, essenziali, piccoli e proporzionati motivi geometrici che risalgono fino al 1955, come il motivo Matelassé che occupa tutta la superficie del bracciale in acciaio. Non una manchette rigida, ma un gioiello ergonomico e leggero con una perfetta vestibilità, dove il design del matelassé ci appare morbido e più aggraziato, quasi una reinterpretazione moderna dell’estetica dell’orologio Chocolat, presentato nel 2003 con il suo caratteristico display digitale.
Chanel – Code Coco – Photo © Chanel
Qual è il volto di Code Coco? Suddiviso in due quadranti, due forme geometriche regolari come il quadrato, l’uno esaltato da un diamante taglio princess, l’altro dalla semplicità delle lancette di ore e minuti.
Il suo colore? Nero come il primo tubino di Chanel apparso come un semplice schizzo sull’edizione francese di Vogue del 1926. Forme funzionali prevalevano sulla ricchezza delle guarnizioni e il magazine annunciava l’era della “Linea semplice”.
Nero come depurazione dell’abbigliamento, inno alla sobrietà, considerato all’epoca di Gabrielle Chanel un “non colore” ribelle e quasi sovversivo che negava le ostentazioni, ma che invece finalmente permetteva alla donna che lo indossava di essere semplicemente se stessa. Ecco, il volto di Code Coco di Chanel è come quel tubino per l’universo couture. Siamo noi donne che possiamo interpretarlo, ognuna trovando dentro a quelle geometrie, un po’ di se stessa.
Per le foto ©The Ducker Magazine : si ringrazia Federica Santeusanio e Galleria d’Arte Robertaebasta