Attenta all’ambiente ma anche architettonicamente all’avanguardia. Pensata sulle necessità delle persone eppure dotata di un’avanzatissima tecnologia.
Omega ha tagliato il nastro della sua nuova manifattura di Bienne.
Il futuro fatto presente.

Vista la sua complessità, in fin dei conti, non ha richiesto troppo tempo per essere edificata. Ne ha sicuramente necessitato molto di più ad essere immaginata se è vero che ciò che è possibile ammirare oggi altro non è che un progetto sognato a suo tempo addirittura da Nicolas George Hayek. Il fautore della nascita di Swatch e di Swatch Group, che ha sempre visto in Omega uno dei player più importanti, trainanti ed avanzati di tutta l’orologeria svizzera. Oggi, una realtà affermata e consolidata, destinata a fare ancor più la differenza nel medio e lungo termine grazie a una nuova manifattura all’avanguardia nata attorno all’unico elemento davvero imprescindibile nel mondo dell’orologeria: l’uomo.
I volumi e gli spazi architettonici non sono casuali, ma creati specificamente in base alle reali necessità di uomini e macchine. Il tutto per massimizzare l’efficienza di una struttura che porterà in dote un aumento della produzione e una diminuzione dei tempi di attesa.

Parola d’ordine: efficienza. E razionalizzazione. Perché la nuova manifattura Omega di Bienne, nata proprio accanto al quartier generale del marchio e ad esso collegata da uno scenografico passaggio ponte in cristallo, è stata voluta per accorpare sotto uno stesso tetto fasi della produzione prima effettuate in sedi separate, con conseguenti problemi di logistica.
Qui non si produce niente, si assembla. Nei cinque piani dell’edificio (lungo 70 metri, largo 30 e alto altri 30) ci si dedica infatti al montaggio degli orologi e a quello dei bracciali, ma ci si occupa anche del confezionamento finale e della logistica. In più è presente il presidio del Metas, l’Istituto Federale di Metrologia svizzero, e un ampio magazzino automatizzato.

Ecco, un magazzino. O forse sarebbe meglio definirlo centro logistico di smistamento ad alto quoziente tecnologico.
Shigeru Ban, l’archistar giapponese che ha progettato la manifattura, lo ha previsto nel suo centro nevralgico: al centro e in basso, come fosse un baricentro. Un’area di 3.660 metri cubi alta 14,2 metri (si innalza dal -1 al primo piano), larga 9,4 e lunga 27,4 all’interno della quale, come in una pellicola di fantascienza, delle macchine automatizzate si muovono in alto e in basso alla velocità di 4 metri secondo garantendo 1.400 operazioni ogni ora. Andando cioè a pescare in oltre 30mila casse i componenti richiesti dagli orologiai direttamente tramite i terminali delle rispettive postazioni. Per poi recapitarglieli comodamente a domicilio attraverso un articolato sistema di piccoli nastri trasportatori.
Nulla è stato lasciato al caso, neppure sul fronte della sicurezza naturalmente. Così, per esempio, l’ossigeno all’interno del grande magazzino centrale è mantenuto a una percentuale del 15,2% affinché non possano svilupparsi incendi.

Ma la nuova manifattura di Omega è anche un progetto architettonico esemplare.
Il suo livello di isolamento ai fini del risparmio energetico è infatti ben più alto di quanto il regolamento edilizio svizzero non prescriva. A concorrere, illuminazione a Led con tanto di sensori di occupazione, un sistema di paratie orientabili all’esterno di ogni superficie vetrata esterna, pannelli fotovoltaici sull’area sud-est del tetto, impianti radianti per la climatizzazione degli ambienti, e un sistema di riciclo del calore generato da alcune fasi della produzione utilizzato per il riscaldamento dell’acqua. Per l’alimentazione energetica, infine, si è optato per il geotermico. Il tutto per minimizzare quanto più possibile l’impatto ambientale della struttura.
Nata nel 1848 a La Chaux-de-Fonds, Omega si è trasferita a Bienne nel 1880. E da allora risiede sempre nello stesso posto, nonostante con gli anni si sia ampliata per far fronte al continuo aumento della domanda dei suoi orologi.
L’esterno della nuova manifattura Omega a Bienne, Svizzera
Le superfici vetrate sono predominanti. Paratie mobili automatizzate consentono di regolarne la luce in entrata
La scenografica e creativa scala esterna realizzata in acciaio inossidabile
Cemento sì, ma impiegato in un contesto architettonico estremamente contemporaneo
I materiali di origine naturale sono una costante di tutte le opere dell’architetto giapponese Shigeru Ban
Per i pilastri e le solette della manifattura è stato utilizzato legno di abete, rigorosamente “Swiss Made”