Misurare le proprie capacità tecniche in condizioni limite assolutamente reali. Per testare la tecnologia di domani. Challenge di Omega, che in questo 2019 ha preso parte alla missione The Five Deeps Expedition. Con un orologio-laboratorio fuori dall’ordinario.
Omega – Seamaster Planet Ocean Ultra Deep Professional – cassa in titanio Grado 5 – cristallo zaffiro di forma conica – fondello avvitato con incisione celebrativa – impermeabile a 1.500 Atm – cinturino in poliammide con chiusura velcro – certificato Master Chronometer.
Da un estremo all’altro, in un anno ricco di emozioni forti e di contrasti. Dalle immagini delle desolate distese lunari, rimbalzate attraverso le celebrazioni del cinquantesimo anniversario della conquista del satellite terrestre, a quelle dei “semi” desolati abissi marini. Sì, perché commemorazioni dell’Apollo 11 a parte, di cui si è trattato diffusamente nei mesi da poco andati in archivio (leggi qui il servizio relativo allo Speedmaster dedicato all’evento) il 2019 di Omega finirà per essere ricordato anche per un’impresa decisamente più contemporanea. Che, sebbene non si destinata ad avere certamente la stessa copertura mediatica planetaria assicurata a suo tempo alla missione spaziale del 1969, si avvia comunque a scrivere anch’essa qualche pagina significativa di storia nel capitolo dedicato alle conquiste umane. Il progetto in questione porta il nome di The Five Deeps Expedition, quello del suo primattore Victor Vescovo. Un avventuriero, esploratore, che dopo aver chiuso il cosiddetto “Explorers Grand Slam” ossia dopo aver scalato le sette montagne più alte dei rispettivi continenti ed aver percorso almeno 100 km sugli sci sia al Polo Nord e sia al Polo Sud, si è messo in testa di raggiungere, a bordi di uno speciale sottomarino, il punto più profondo di tutti e cinque gli oceani. Un’occasione imperdibile per Omega, che in un tempo record ha realizzato uno strumento avanzato capace di resistere alle pressioni estreme. Il Seamaster Planet Ocean Ultra Deep Professional.
L’avventura di Omega nelle profondità oceaniche ha inizio nel 1932, con il lancio del “Marine”, primo subacqueo della marca. Da lì in avanti, è tutto un crescendo. Dal Ploprof al Seamaster 1000, dal Planet Ocean fino all’Ultra Deep.
Il profilo della cassa dell’Omega Seamaster Planet Ocean Ultra Deep Professional. Il suo layout è stato studiato per far fronte alle pressioni estreme dei fondali oceanici pur mantenendo uno spessore relativamente contenuto: 28mm.
Ma perché salire a bordo in tutta fretta di un sommergibile come il DSV Limiting Factor e scendere (all’esterno dello stesso) ben assicurati ad un braccio robotico a 10.928 metri sotto il livello del mare dove la pressione ha una forza stritolante? Semplice. Perché nonostante oggi le manifatture orologiere possano contare su avanzati strumenti di laboratorio per testare le capacità dei propri orologi e dei rispettivi materiali costituenti, nulla finisce per essere tanto attendibile e probante quanto un test sul campo. In condizioni reali. E dato che di orologi da polso destinati a resistere a oltre mille atmosfere non se ne realizzano certo tutti i giorni, neanche a Bienne – dove Omega ha la sua sede – esistono macchinari in grado di metterne alla prova le capacità. Prova ne è il fatto che per assicurarsi della perfetta tenuta dei tre esemplari del Seamaster Planet Ocean Ultra Deep Professional assemblati per l’impresa, i tecnici del brand svizzero hanno dovuto far ricorso alla strumentazione di Triton Submarines, società statunitense leader nella costruzione di avanzatissimi sottomarini ad uso privato come il DSV Limiting Factor. Testati con successo dopo averli concepiti ispirandosi proprio a queste efficienti macchine di profondità.
Un’immagine che riassume gli step che hanno portato alla definizione della carrure dell’orologio partendo da un blocco solido di titanio Grado 5 “sottratto” al sottomarino DSV Limiting Factor.
L’orologio si trasforma allora automaticamente in un piccolo laboratorio, sul quale sperimentare soluzioni inedite destinate ad accrescere il know how tecnico del brand. Per Omega, proprio come accaduto con i viaggi spaziali degli Anni 60 e 70, un’occasione in grado di fornire una doppia opportunità: veicolare il proprio marchio legandolo ad imprese umane al limite dell’impossibile e sfruttare occasioni più uniche che rare per raccogliere dati altrimenti impossibili da rilevare. Come nel caso del Seamaster Planet Ocean Ultra Deep Professional la cui progettazione ha portato a soluzioni sfidanti. Per prima cosa l’adozione di un cristallo zaffiro di forma conica portante, funzionale perché in grado di ridurre la pressione sui suoi bordi interni, laddove è maggiore. Cristallo unito poi alla cassa in titanio Grado 5 con un procedimento a caldo, tramite fusione di un anello di una lega metallica definita Liquidmetal, e non frapponendo fra di essi una classica guarnizione in gomma polimerica. Processo irreversibile, ma più sicuro, testato infine con un’accurata tomografia. Particolarmente studiato è poi risultato anche il design della cassa stessa (ricavata dal titanio dello scafo del sommergibile, in particolare dalle sezioni rimosse per fare posto agli oblò) con le singolari anse definite “a manta”. Forma progettata per scaricare le enormi pressioni pur consentendo ingombri decisamente ridotti. Per l’Ultra Deep, contenuti entro i 28 mm di spessore complessivo.
Se una pressione di quasi 1.100 atmosfere può già di per sé fare impressione allora sarà interessante sapere che in Omega, per andare sul sicuro, hanno testato il Seamaster Planet Ocean Ultra Deep in laboratorio con un margine del 25% in più. Fino a 1.500 Atm.
Nonostante i numerosi prototipi realizzati prima di giungere al risultato finale e la complessità dell’operazione, la fase di progettazione dell’Omega Seamaster Planet Ocean Ultra Deep Professional ha richiesto tempi ridottissimi.
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Il marchio ha presentato il nuovo orologio Omega Seamaster Planet Ocean in serie limitata e sarà cronometrista ufficiale della 36 edizione della Coppa America.