C’è un’energia particolare che attraversa Milano quando arriva l’Art Week. L’arte, in tutte le sue forme, invade la città, diventando esperienza condivisa. In questo scenario vibrante, miart si conferma come il cuore pulsante di questa settimana, accendendo dal 4 al 6 aprile 2025 gli spazi di Allianz MiCo con la 29ª edizione della fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea, organizzata da Fiera Milano sotto la direzione artistica di Nicola Ricciardi.
Miart è un invito a guardare all’arte come gesto di amicizia, come scambio profondo e duraturo tra persone che condividono visioni, storie, desideri. Il titolo scelto per quest’anno, among friends, prende in prestito lo spirito libero e collaborativo di Robert Rauschenberg, di cui ricorre il centenario della nascita. Una figura che ha fatto dell’incontro e dell’apertura il proprio linguaggio, anticipando un modo di fare arte che oggi si rivela quanto mai necessario.

miart
Tre sezioni per un’unica esposizione
Con 179 gallerie da 31 Paesi e cinque continenti, miart si estende come una mappa di connessioni tra passato e presente, tra maestri del Novecento e artisti emergenti, tra linguaggi consolidati e sperimentazioni audaci. Il percorso espositivo di miart 2025 si articola in tre sezioni, ognuna con una propria identità curatoriale e poetica, che insieme compongono un racconto polifonico dell’arte del nostro tempo.
Established rappresenta l’anima storica della fiera, ma anche il suo asse portante. In questa sezione convivono grandi nomi dell’arte moderna e protagonisti della contemporaneità più riconosciuta. È il luogo dove le opere dei maestri dialogano con le pratiche attuali, generando continuità e dissonanze che rivelano quanto il passato sia ancora fertile nel presente. Qui, ogni stand è una soglia che apre al confronto tra epoche, visioni e stili, offrendo uno sguardo solido ma mai statico sull’evoluzione del linguaggio artistico.

Monica de Cardenas_Rubin
Emergent, curata con sensibilità e rigore critico da Attilia Fattori Franchini, è invece il laboratorio della fiera. Riunisce 25 gallerie giovani provenienti da tutto il mondo, accomunate dal coraggio della sperimentazione e dalla volontà di spingersi oltre il già detto. È in questo spazio che si percepisce il battito accelerato del presente: opere ibride, narrazioni frammentate, materiali inconsueti e pratiche intermediali si intrecciano per restituire una mappa delle tensioni e delle urgenze che attraversano la creazione contemporanea. Emergent non è solo una vetrina di nuove promesse, ma un vero e proprio termometro dell’arte che verrà.

Galleria Eugenia Delfini_Modica
Portal, infine, è la sezione che più apertamente invita a mettere in discussione ciò che sappiamo dell’arte e di come la abitiamo. Curata da Alessio Antoniolli, riunisce dieci progetti espositivi concepiti da gallerie internazionali chiamate a sfidare i limiti tradizionali dello spazio, del tempo e del linguaggio. Portal è un attraversamento, un invito ad affacciarsi su territori sconosciuti, dove le opere sono spesso dispositivi relazionali, processi in divenire o architetture concettuali che sovvertono ogni aspettativa. Il filo conduttore, quest’anno, è ancora una volta l’amicizia: intesa qui come apertura radicale all’alterità, alla pluralità dei mondi e delle forme di conoscenza.

Federica Schiavo_Bauer
L’arte fuori dai confini
E poi c’è la città. Milano non semplice osservatrice, ma attiva partecipante, capace di rilanciare e accogliere. Le istituzioni culturali si muovono all’unisono con la fiera, costruendo un tessuto urbano denso di visioni. Il Museo del Novecento celebra Rauschenberg, con la mostra Rauschenberg e il Novecento, mettendolo in dialogo con le icone del secolo scorso, mentre alla Triennale Milano, la mostra John Giorno: a labour of LOVE curata da Nicola Ricciardi evidenzia l’universo performativo dell’artista americano attraverso figure che hanno caratterizzato il panorama artistico a 360° del secolo scorso: da Patti Smith a Andy Warhol. Anche la Fondazione Prada, il PAC e Pirelli HangarBicocca sono parte di questo disegno collettivo, che restituisce all’arte il suo ruolo più autentico: quello di creare legami. Legami tra linguaggi, tra generazioni, tra mondi che apparentemente non si toccano, ma che sotto lo sguardo di chi osserva possono diventare dialogo.

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In questa prospettiva, miart è un luogo dove le relazioni contano più delle definizioni, dove le opere non chiedono soltanto di essere ammirate, ma di essere vissute. Anche le iniziative collaterali — come Talks among friends, che coinvolge realtà come la Fondazione Prada, la Triennale e il Museo del Novecento — seguono questa direzione, prolungando la conversazione ben oltre la durata della fiera.
miart 2025 è dunque un invito a lasciarsi coinvolgere, a credere nell’arte come gesto reciproco, come momento che nasce tra persone, come qualcosa che accade, davvero, solo among friends.