Dentro e fuori dalla sessantesima edizione della più importante kermesse espositiva del mondo. Come si compone “Stranieri Ovunque” e cinque tra le migliori mostre in città, da Jean Cocteau a Martha Jungwirth
Le idi di aprile, una volta ogni due anni, inaugurano l’evento più importante della stagione: la Biennale d’Arte di Venezia, ovvero la manifestazione espositiva nevralgica dell’universo artistico. Sono migliaia le opere esposte dal 20 aprile al 24 novembre per un totale di trecentotrentadue artisti, novanta le partecipazioni nazionali, trenta gli eventi collaterali. Questi sono alcuni degli elementi che compongono la sessantesima edizione della kermesse lagunare. Si parte questo sabato con preview per i professionisti il 16, 17, 18, 19 aprile. La curatela è affidata al brasiliano Adriano Pedrosa, dal 2014 Direttore Artistico de Museu de arte de São Paulo. “Stranieri Ovunque” è il tema che guida la mostra centrale. Un’estraneità da leggere in senso geografico, politico, sociale, identitario. L’esposizione principale si articola tra il Padiglione Centrale ai Giardini e l’Arsenale in due nuclei distinti: Nucleo Contemporaneo e Nucleo Storico. Il primo si concentra sulla produzione di un trittico peculiare: l’artista queer, che si muove all’interno di diverse sessualità e generi ed è spesso perseguitato o messo al bando; l’artista outsider, che si trova ai margini del mondo dell’arte, proprio come l’autodidatta o il cosiddetto artista folk; l’artista indigeno, spesso trattato come uno straniero nella propria terra. Gli artisti indigeni avranno una presenza emblematica e le loro opere accoglieranno il pubblico nel Padiglione Centrale, con un murale monumentale realizzato dal collettivo brasiliano Mahku sulla facciata dell’edificio, e nelle Corderie, dove il collettivo Maataho di Aotearoa/Nuova Zelanda presenta una grande installazione nella prima sala.

Etel Adnan, Untitled, Courtesy by Sotheby’s
Gli artisti queer saranno presenti in ogni spazio e costituiranno il fulcro di un’ampia sezione nelle Corderie, nonché di un’area dedicata all’astrazione queer nel Padiglione Centrale. Il Nucleo Contemporaneo ospita nelle Corderie una sezione speciale dedicata a Disobedience Archive, un progetto di Marco Scotini che dal 2005 sviluppa un archivio video incentrato sulle relazioni tra pratiche artistiche e attivismo. Divisa in due parti, Attivismo della diaspora e Disobbedienza di genere, include opere di 39 artisti e collettivi realizzate tra il 1975 e il 2023. La sezione storica si sviluppa a partire da opere del XX secolo provenienti dall’America Latina, dall’Africa, dall’Asia e dal mondo arabo. Prevede tre sale nel Padiglione Centrale: la sala intitolata Ritratti, la sala dedicata alle Astrazioni e una terza sala dedicata alla diaspora artistica italiana nel mondo lungo il corso del XX secolo. Le due sale che ospitano i Ritratti comprenderanno le opere di 112 artisti, per lo più dipinti, ma anche lavori su carta e sculture, coprendo un arco di tempo compreso tra il 1905 e il 1990. Il tema relativo alla figura umana è esplorato in innumerevoli modi diversi dagli artisti del Sud globale. La sala dedicata alle Astrazioni include 37 artisti. Una terza sala del Nucleo Storico è dedicata alla diaspora artisti italiani che hanno viaggiato e si sono trasferiti all’estero integrandosi nelle culture locali e costruendo le proprie carriere in Africa, Asia, America Latina nonché nel resto d’Europa e negli Stati Uniti. In questa sala saranno esposte le opere di 40 autori italiani di prima o seconda generazione, collocate negli espositori a cavalletto in vetro e cemento di Lina Bo Bardi (italiana trasferitasi in Brasile, vincitrice del Leone d’Oro speciale alla memoria della Biennale Architettura 2021) come al MASP di San Paolo, di cui Pedrosa é direttore. Riguardo ai 90 Padiglioni Nazionali, segnaliamo gli esordi di Benin, Etiopia, Repubblica Democratica di Timor Leste e Repubblica Unita della Tanzania. Quanto al Padiglione Italia, a cura di Luca Cerizza, esso si compone del progetto Due qui / To hear dell’artista Massimo Bartolini, che include contributi appositamente ideati da musicisti e scrittori.

Henri Matisse, Sauteuse de corde, 1952, Gouache découpée on paper, 145 × 98 cm. Credit line: Museum Berggruen, Neue Nationalgalerie, Stiftung Preußischer Kulturbesitz Photo credit: bpk / Nationalgalerie, SMB, Museum Berggruen / Jens Ziehe © Succession H. Matisse by SIAE 2024
Al di fuori della Biennale è tutta Venezia ad accendersi di eventi collaterali e satelliti. Ne abbiamo selezionati cinque, una cinquina ben precisa. A partire dalla più grande retrospettiva di De Kooning mai organizzata in Italia, a firma delle Gallerie dell’Accademia. Il progetto espositivo, attraverso settantacinque opere, analizza i due periodi che de Kooning ha trascorso in Italia, nel 1959 e nel 1969, e il profondo impatto che hanno avuto sul suo lavoro. I curatori Gary Garrels e Mario Codognato hanno approfondito l’influenza italiana sui successivi dipinti, disegni e sculture di de Kooning in America. L’effetto prolungato di questi due periodi creativi è testimoniato da una selezione di opere che spaziano dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta. Dall’altra parte del Ponte (dell’Accademia) Palazzo Grassi presenta la più grande mostra mai dedicata a Julie Mehretu in Europa. A cura di Caroline Bourgeois, il percorso espositivo si compone di una selezione di oltre cinquanta dipinti e stampe realizzate dall’artista etiope negli ultimi venticinque anni insieme a opere più recenti, prodotte tra il 2021 e il 2023. Distribuita sui due piani di Palazzo Grassi, la mostra riunisce 17 opere della Collezione Pinault oltre a prestiti provenienti dalla collezione dell’artista, da musei internazionali e da collezioni private. Come le stratificazioni e le sovrapposizioni che compongono i dipinti dell’artista, la mostra prende forma nelle corrispondenze che, nel corso degli anni, si stabiliscono tra le opere. La sua pratica, profondamente radicata nell’astrazione, è alimentata dalla storia dell’arte, dalla geografia, dalla storia, dalle lotte sociali, dai movimenti rivoluzionari e dal carattere di tutti coloro che hanno lasciato un segno in questi importanti settori della conoscenza e della creazione.

Julie Mehretu, Among the Multitude XIII, 2021-2022, Private Collection, Ph: Tom Powel Imaging. Courtesy of the artist and Marian Goodman Gallery, New York
Per restare affacciati sul Canal Grande, la mitica Collezione Peggy Guggenheim gioca in maniera colta con Jean Cocteau. La rivincita del giocoliere è la prima monografica realizzata in Italia dedicata al poeta, enfant terrible della scena artistica francese del XX secolo. Curata da Kenneth Silver, la mostra getta luce sulla versatilità, la destrezza da giocoliere, che sempre ha caratterizzato il linguaggio artistico di Cocteau e per la quale l’artista è stato spesso criticato dai suoi contemporanei. Attraverso una sorprendente varietà di lavori, oltre centocinquanta, che spaziano da disegni a opere grafiche, da gioielli ad arazzi, documenti storici, libri, riviste, fotografie, documentari e film diretti dallo stesso Cocteau, la mostra traccia lo sviluppo dell’estetica, unica e personalissima del poliedrico artista e ne ripercorre i momenti salienti della tumultuosa carriera. Appena a fianco, pochi palazzi storici di lato, la sede di Palazzo Cini, casa-museo che custodisce i capolavori della collezione di Vittorio Cini, riapre al pubblico con una mostra dedicata all’artista austriaca Martha Jungwirth, a cura di Luca Massimo Barbero. Unica donna tra i membri fondatori del gruppo di artisti Wirklichkeiten, la Jungwirth ha continuato a sviluppare un linguaggio visivo sperimentale, caratterizzato dall’esplorazione del colore e da linee incisive. Ultima della nostra lista, ma assolutamente non ultima in quanto a livello culturale della proposta, troviamo il nuovissimo spazio di Palazzo Diedo, riaperto dalla Berggruen Arts & Culture, una fondazione benefica creata dal collezionista Nicolas Berggruen. Sviluppata su cinque livelli per oltre quattro mila metri quadrati, ospita undici interventi site-specific di altrettanti artisti internazionali: Urs Fischer, Piero Golia, Carsten Höller, Ibrahim Mahama, Mariko Mori, Sterling Ruby, Jim Shaw, Hiroshi Sugimoto, Aya Takano, Lee Ufan e Liu Wei. C’è solo da perdersi tra i riverberi d’arte della Laguna.
